Designated Survivor (stagione 1 – 2016-2017)

Episodi: 21
Durata: 45 minuti
Genere: drammatico, politico, thriller, catastrofico

Trama

Una devastante esplosione distrugge il Campidoglio durante lo “State of the Union”. Tutto il governo rimane vittima dell’attentato e il successore del presidente è il cosiddetto “designated survivor” ovvero “sopravvissuto designato”, che durante l’evento era tenuto nascosto in una località segreta. Questo sopravvissuto designato è Tom Kirkman, segretario allo sviluppo urbano, un uomo dal carattere mite, non ambizioso e inadatto a governare che dovrà gestire la nazione in un gran momento di crisi.

Analisi

Ammetto che il mio primo approccio con la serie non è stato affatto positivo.  La copertina dalle poche righe fornite da Netflix appariva come l’ennesima copia di House of Cards, che nonostante tutto resta sopra di parecchie spanne. Invece, inizio a guardarla e non riesco più a staccarmi.

Non è House of Cards. Non è la solita serie presidenziale, non mostra soltanto un uomo ambizioso che, sul modello di Frank Underwood, scala ogni gerarchia e diventa il miglior presidente della storia degli Stati Uniti. Anche perché Tom Kirkman diventa presidente contro la sua volontà. E’ un uomo dalle basse ambizioni, che si sente inadatto a ricoprire un ruolo così importante. Un personaggio antitetico a Frank Underwood, un uomo spietato, senza scrupoli, ambizioso e che agisce per la via del “male”.

L’umile, buono e incredibilmente efficace Tom Kirkman

L’incipit innovativo. Se quindi non è una serie presidenziale come tante, cos’è che contraddistingue “Designated Survivor“? L’incipit della trama. Un attacco terroristico fa esplodere il Campidoglio. Un tema scelto bene, molto attuale, che dà una grande spinta a questa serie. Il governo è raccolto durante lo “State of the Union” e come prevedono le leggi americane, un membro del partito repubblicano e uno di quello democratico vengono scelti per essere dislocati in qualche posto segreto, pronti a succedere in caso di attacco. Così succede e Tom Kirkman viene nominato presidente.

Inizio ottimo, fine pietosa. I primi episodi hanno un ritmo elevato che va diminuendo con il corso della stagione raggiungendo picchi negativi con episodi al limite della noia. Quello che tiene attaccato lo spettatore allo schermo è la ricerca di verità e la voglia di giustizia ben coadiuvata dalla figura estremamente buona del presidente. Le indagini proseguono con molti colpi di scena che si succedono uno dopo l’altro e continuano fino a pochi secondi prima della fine di stagione, lasciando infiniti scenari per la successiva (lasciamo stare dove va a finire la seconda, ndr).
La serie che nella prima parte possiede una tensione narrativa formidabile,  tende a stabilizzarsi e a perdere quel fervore e il ritmo rallenta di episodio in episodio. Una volta che le indagini sembrano trovare un risultato, una volta che la verità o almeno una parte di questa esce a galla, la serie rallenta con un cambiamento abbastanza netto.

Kirkman che capisce di essere inutile

Il protagonista diventa secondario. Da circa metà stagione in poi, la serie si divide in due filoni: il primo composto dalle prime avventure strettamente politiche del presidente, a mio parere molto noiose, sia perché argomento trito e ritrito delle serie politiche sia perché, abituati a capolavori del calibro di House of Cards, sembrano un po’ approssimative. Fortunatamente questo filone non prende mai il controllo della serie lasciando spazio al filone che tutti vogliono vedere: il filone investigativo. Le investigazioni, con a capo la formidabile Hannah Wells non hanno mai fine e ogni episodio si scoprono un’infinità di nuove informazioni con un quadro che risulterà quasi del tutto completo solo nell’ultimo episodio.

La cospirazione è certamente una nota di merito, risulta originale, ben organizzata e mai banale. Tutte le varie ricerche e avventure sono quasi sempre avvincenti e mai scontate.
Questo filone investigativo rappresenta però, una delle prime critiche che muovo a questa serie; infatti il presidente nell’ultima parte di stagione esce dalla scena principale e lascia spazio all’agente dell’FBI che conduce le indagini che diventa la vera protagonista. La figura di Tom Kirkman risulta quasi accessoria e non influenza, come nella prima parte della stagione, il corso degli eventi in maniera profonda.

Critiche

La serie risulta molto godibile e tolto qualche momento sparso tra gli eposodi centrali, non annoia e crea una curiosità impaziente nello spettatore. Nonostante ciò, la serie non è priva di difetti che, tuttavia, non contaminano in maniera eccessiva la visione.

Figura del presidente incoerente e, col tempo, accessoria. La prima critica è quella relativa alla figura del presidente che passa in secondo piano a partire da metà stagione.  Figura che, oltre a questo problema di ruolo, rivela alcune problematiche di “carattere“. Si alternano momenti in cui Tom Kirkman sembra essere totalmente in balia degli eventi, confuso e senza sapere come comportarsi e altri momenti in cui è più scaltro, determinato e cinico di Frank Underwood. Anche l’idea della persona troppo e sempre buona, trasparente e umile che riesce sempre a sconfiggere il male è forse un’edulcorazione eccessiva della realtà. E’ difficile credere che un agnello, per quanto astuto, riesca a sopravvivere in un branco di lupi assetati. Eppure Kirkman riesce sempre a fare la scelta giusta, riesce sempre a spuntarla sugli avversari e ad ottenere ciò che vuole.

Io che cerco di capire che fine fanno i personaggi

Personaggi che non si sa che fine fanno. La seconda critica è dedicata ai personaggi che scompaiono. Esempio primo fra tutti la povera figliola del presidente che viene messa in scena solo quando strettamente utile e che scompare letteralmente per una decina di episodi. Drammaticamente ironico il fatto che ogni volta che appare in scena e si riconcilia con il padre, quest’ultimo viene sempre chiamato per un impegno improvviso. Molti altri personaggi, soprattutto a cavallo tra la prima e seconda parte della stagione, scompaiono o assumono ruoli quasi irrilevanti cambiando radicalmente l’aspetto della serie. Esempio concreto sono i due collaboratori del presidente: Aaron Shore ed Emily Rhodes. Come questi ci sono molti altri personaggi che meriterebbero più spazio e che potrebbero evitare di finire nel dimenticatoio.

Giudizio finale

Designated Survivor è un buon prodotto che non eccelle in nessun aspetto ma nel complesso risulta appetibile a chi la guarda. Nonostante i difetti e una seconda parte di stagione non proprio entusiasmante resta una serie TV che incolla allo schermo e che risulta molto godibile nell’insieme. Non è un capolavoro ma il suo lavoro di intrattenimento e coinvolgimento lo svolge impeccabilmente.

Trailer

Il nostro voto:

Trama
Scorrevolezza
Originalità
Intrattenimento
Fotografia
Personaggi/Attori
Media

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